BRIAN ENO. PROPOSTA DI PROGETTO: Parte Seconda

Brian Eno

Brian Eno

Questo è il seguito della prima parte.

 

From Brussels with love

Nelle interviste devi rendere pubblico ciò che pensi di te stesso, io non le amo perchè non è il genere di cose a cui penso molto spesso. E’ cosi poco chiaro a me stesso ciò che sto facendo che è molto difficile pensare cosa possa significare per qualcun altro.

Se ci penso attentamente, mi vedo come un pittore di canzoni anche perchè lavoro in maniera molto simile a quella di un pittore. Io cerco di lavorare da solo e di farlo imbrattandomi di colori cioè metto qualcosa giù, tolgo e aggiungo idee in continuazione, le metto insieme in maniere differenti… Inoltre normalmente vado nello studio senza una precisa idea di ciò che nascerà, qualche volta ho delle vaghe intuizioni, solo delle ipotesi…

In questo momento non ho molto a che vedere con le esibizioni dal vivo, non sono un virtuoso particolare di qualche strumento e nemmeno un grande cantante. Non vedo me stesso come una personalità della musica d’oggi cosi la mia disponibilità è per lavorare dove è possibile, preferibilmente in studio anche se ho fortissime pressioni per tornare a fare concerti e performances.

Io non voglio usare la musica come un mezzo di trasmissione delle mie passioni, alla maniera della tradizione rhythm & blues. Cerco di tenere me stesso fuori della musica che esprimo e penso di esserci riuscito con lavori come Music for Airports o Discreet Music che sono estremamente impersonali. Quando li riascolto mi accorgo che è tuttora la mia musica ma essi non pretendono di trasmettere delle mie emozioni, che io poi verso nella musica affinchè le persone possano impadronirsene. Non li uso come un trasmettitore in quel senso, io non sono una persona passionale, almeno in musica.

Bene, immagino di aver amato le stesse cose che altra gente ha amato in musica; cosi è… la mia musica può sembrare in parte bizzarra ed esoterica, poichè a me piacciono anche cose del genere, ma in realtà la musica che mi ha interessato e che ho amato quando ero giovane è la stessa che chiunque altro ha amato, penso, o che buona parte della gente ha amato. Direi sicuramente che ci dovrebbe essere un retroterra comune nei nostri gusti e, dal momento che la maggior parte delle decisioni sono prese in base a “mi piace” o “non mi piace” piuttosto che dettate da più complicate costruzioni, anche la maggior parte delle decisioni finali sono basate sul gusto: se mi piace lo realizzo, se non mi piace rimane come un altro esperimento non riuscito.

Penso che un grosso errore sia limitare un campo; per esempio in campo pittorico si è creata una situazione in cui gli artisti non possono muoversi molto facilmente, voglio dire che un artista, una volta che ha definito un suo proprio stile, e che è diventato popolare per esso, a meno che non abbia molto successo, è davvero costretto a mantenersi all’interno di questo e, è ovvio dirlo, ma d’altra parte è proprio vero che un artista ha il suo “marchio di fabbrica” cosicchè tu puoi riconoscerlo a prima vista e dire: “Oh, questo è un Russel, questo è un Larry Poons” perchè ritrovi le forme a macchia di Russel o i puntini di Larry Poons.

Ora, io non sono contro l’idea di esplorare un campo specifico, ma sono contro l’idea di doverlo esplorare per forza. Il mio interesse è sempre stato quello di lavorare con novità di un certo tipo o di un altro, svolgere un lavoro con nuovi strumenti e con nuovi metodi, un certo tipo di novità è un “in-put” quando ho esaurito l’energia che si può trarre da quella novità, vado oltre, proseguo.

Ora posso dire… detto in questi termini può sembrare una maniera approssimativa di lavorare, ma in realtà non proseguo abbandonando quelle cose, esse vengono poi reincorporate.

Penso che si possa notare uno sviluppo parallelo, negli ultimi anni, fra le mie “canzoni” e la mia “discreet music”, che all’inizio sembravano essere molto lontane l’una dall’altra, ma che sembra si stiano avvicinando un poco di più… ma non forzo la cosa… Non sono intenzionato a creare un legame fra tutti questi tipi di musica, non mi importa se sono separati e non mi importa se sono collegati.

Per me, la grande forza del dilettantismo è che tende a svilupparsi in una nuova ottica; non sempre, ovviamente; l’altro modo di essere dilettanti è quello di fare le cose più pedanti e scontate, ma un dilettante intelligente non si lascerà costringere dalle limitazioni di ciò che normalmente è considerato possibile, non sarà spaventato, non ha nulla da perdere; sapete, una persona che ha la sua carriera in gioco, in ogni parte del suo lavoro, tende ovviamente a stare più sulla difensiva a proposito di ciò che fa, mentre un dilettante può dire: “Ah, provo questo per un pò”, non è cosi spaventato dal fallimento, immagino.

Ma il mantenere un atteggiamento da dilettante, coscientemente, è anche piuttosto sospettabile. Suppongo di aver superato questa fase; ho deciso che io sono un musicista, o un compositore. Cosi, in generale, non posso più pretendere di essere naïf, anche se in un certo senso sono musicalmente naïf, ma ora devo pormi in maniera diversa rispetto a ciò che sto facendo.

Nell’arte “di massa”  la questione tradizione è molto interessante: grande parte della produzione popolare è per il 94% tradizione e per il 6% innovazione, e questo mi sembra egualmente rassicurante. Credo che la funzione della cultura, che spesso viene trascurata da coloro che fanno parte dell’avanguardia e che fanno musica sperimentale, è, non solo quella di innovarsi, bensi anche quella di continuare a provare e riciclare quell che già esiste. Il rock è un gran esempio di ciò, ci sono cose che vengono richiamate e reinserite nella struttura musicale, e naturalmente quel che scegli di ignorare, quel che scegli di migliorare, quel che scegli di riutilizzare è importante tanto quanto lo sono le innovazioni che fai.

 

“BEFORE AND AFTER SCIENCE” 

rappresenta le due posizioni: la futuristic ache io chiamerei  “Post-science” e la primitiva,  “Pre-science”. La mia impressione è anche che gli ultimi due-trecento anni nella storia dell’Ovest siano completamente unici storicamente e culturalmente e che non c’è mai stato, che noi si sappia, un periodo paragonabile a questo nella storia dell’uomo e in nessun altra cultura… E sembrano essere un’aberrazione, in un certo senso, ma questo non vuol dire…, non è un giudizio di merito in proposito. Ma io penso che le condizioni nel periodo della Post-science saranno molto più simili a quelle del periodo della Pre-science piuttosto che a quelle della Science, periodo di mezzo, poichè questo è ciò, immagino, che dà origine a tutto il Primitivismo Tecnologico che vediamo adesso.

Continua…

 

a cura di Alessandro Staiti

 

Recensione estratta da “PRISMA” – Mensile di Riflessi Sonori – Numero 5/6.

PRISMA e’ una rivista mensile di Musica edita da Carlo Marignoli nel triennio ’81-’83 dove hanno partecipato alla realizzazione importanti firme della critica musicale.